sabato 12 gennaio 2019

Capitolo V Nasce la Polizia di Stato






Ed inizia qui la trattazione a partire dalla data di nascita del corpo che dopo le normative dal 1843 in poi avrà i natali l’11 luglio 1852, e costituita nel Regno di Sardegna per poi estendersi a tutta l’Italia con l’Unità e, dunque, anche al Reame delle Due Sicilie. Imprescindibile per questa trattazione l’opera “Storia della Polizia a Napoli”, promossa dal questore Santi Giuffré e cui tanta ala ha speso il professor Giuseppe Cuomo della Università degli Studi di Napoli.
Il testo, che farà da vademecum, accompagnerà questo opuscolo con i diversi cimeli della Polizia di Stato custoditi preso il museo Claudio Graziosi al Reparto Mobile di Napoli.
Inizieremo dunque da subito dopo il Congresso di Vienna, che ha ristabilito un ordine prenapoleonico. Nel Regno di Sardegna[1] verrà istituita l’Amministrazione del Buon Governo, divisa in Ministero dell’Interno, che si occupa dell’aspetto burocratico, e Governatori militari sul territorio, responsabili della polizia. Subordinati a ciascun governatore, o nei comuni senza alcuna forza armata ai sindaci, possono essere di città o di provincia, il commissario preposto è un funzionario civile che si avvale del Corpo Reale dei Carabinieri-istituito nel 1814 come organo di polizia- per espletare le sue funzioni.
È nel 1841 che la polizia passa al Ministero della Guerra e viene istituito l’Ispettore Generale della Polizia, cui spetta l’intero comando della polizia, una sorta di odierno “Capo della Polizia”.
Sotto Carlo Alberto nasce, nel 1848 l’Amministrazione di Pubblica Sicurezza, con a capo l’Ispettore Generale, divisa in 4 Divisioni Amministrative, ognuna delle quali facente capo ad un intendente, che a loro volta facevano capo all’Ispettore Generale. Le Divisioni divengono poi province e l’intendente diviene il capo della provincia, ogni provincia sarà divisa in Mandamenti retti da un delegato. Nei comuni  con meno abitanti tale attività sarà svolta dal sindaco. Preme sottolineare che tale divisione vale per l’ordine pubblico, nei piccoli centri, ad esempio, per questioni di ordine pubblico ci si rivolgeva al sindaco e non al comandante dei carabinieri.
È l’11 luglio 1852 quando nasce la polstato, allora chiamata Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, tale corpo sostituì i Carabinieri Veterani, da non confondere con i carabinieri, che avevano funzione di Guardia Nazionale e di tutela dell’ordine pubblico. Nel 1865 nascono poi le figure di prefetto e questore, al fine di unire funzioni di polizia e funzioni amministrative.


Comandante Maggiore in Grande Uniforme, 1865 (Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza 1852-1890)

Nel 1890 Giolitti istituisce le “Guardie di Città” ed in esse confluiscono il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza e tutti i corpi di polizia esistenti.



Sotto brigadiere di mare, 1903 (Corpo delle Guardie di Città (1890-1919)


Foglio Matricolare e Caratteristico delle Guardie di Città
Tuttavia nel 1919 rinasce il corpo e viene chiamato “Regia Guardia di Pubblica Sicurezza”, con personale incrementato e maggiormente esperto, complice anche la da poco cessata Grande Guerra[2]


Vice brigadiere in uniforma ordinaria, 1919 (Corpo della Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza 1919-1922)
A seguito della marcia su Roma del 1922 e dell’ascesa del fascismo si scioglie la Regia Guardia della Pubblica Sicurezza e la sua funzione passa ad un corpo civile paramilitare, la “Milizia Volontaria per la Pubblica Sicurezza”.
Ben presto, tuttavia si ricostituisce un Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza, all’inizio, nel 1925, solo civile, poi successivamente i funzionari dovevano essere ufficiali provenienti da altri corpi ed in possesso di laurea. Tra il 31 ed il 40 ben si distingue l’Arma dei Carabinieri dalla Pubblica Sicurezza, soprattutto per quanto attiene il ruolo privilegiato di quest’ultima in merito all’ordine pubblico. Il corpo di pubblica sicurezza, di tal guisa, dipendeva da questori e prefetti.
 


Guardia a cavallo in grande uniforme, 1926 (Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza 1925-1944)
Rispettivamente, da sopra, particolare di un basco e di un elmetto delle Guardie di Pubblica Sicurezza, da notare il fregio savoiardo il cui scudo non reca la scritta RI ma l’emblema del Regno d’Italia.

Sempre in epoca fascista, dal Corpo nacquero due altre forze[3]. La prima è l’OVRA –Opera Volontaria per la Repressione dell’Antifascismo-, una vera e propria polizia politica a tutela del Regime e del Capo di governo, ma con compiti anche di spionaggio e servizi segreti. Essa era composta da 11 ispettorati diffusi su tutto il territorio nazionale con compito di controllo e schedatura dei dissidenti.
Uniforme del Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza 

Il secondo, per certi versi, è ben più glorioso, si tratta del Corpo della Polizia Coloniale (PAI), di stanza in Africa e con il compito di salvaguardare i confini e garantire la sicurezza dei coloni. Anche molti coloni furono arruolati. Si distinse per eroiche imprese di salvaguardia dell’ordine pubblico e dell’incolumità dei coloni, uomini integerrimi,  fedelissimi tanto da ottenere il plauso dei britannici durante l’assedio di Adis Abeba e di molte altre città etiopi per la fermezza attraverso la quale riuscivano a combattere sciacallaggio, saccheggi e ruberie, rischiando in proprio e con altissimo senso di giustizia e del dovere. Dopo l’armistizio del ‘43 furono fedeli a Badoglio e contro la Repubblica Sociale, molti di loro confluirono nella P.S. con R.D. 687/1943. Essenziale, come detto supra, il loro ruolo nella fondazione dell’Anps.

Soldatino PAI

Copricapo PAI

Verbale di congedo PAI e medaglietta della guardia


Coltello guardia PAI e Crest



Vice brigadiere in uniforme da campagna, 1941 (Corpo di Polizia dell’Africa Itaiana- PAI 1936-1945)

Facendo ora un piccolo passo indietro torniamo ai Borbone post decennio napoleonico per capire con che grado si sostituì il nostro Corpo con quelli locali, già analizzati, e con il sistema di garanzia dell’ordine pubblico in città ed in provincia e tra città e provincia.
Il primo corpo di P.S. italiano fu istituito da Garibaldi e nomato “militi a cavallo” che sostituivano la Gendarmeria a Cavallo e le Compagnie d’Armi. Nel 1877 i militi a cavallo confluirono nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza.



Brigadiere in uniforma da parata, 1877 (Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza a Cavallo per le Province Siciliane 1877-1892)

L’attività della Pubblica Sicurezza, soprattutto a Napoli, fu sempre a tutela dell’ordine pubblico, contro il contrabbando e di soccorso ai cittadini.
L’Amministrazione Centrale della P.S. con a vertice il Capo della Polizia, si articolava in Prefetti, capi dell’Ufficio Provinciale di Pubblica Sicurezza, di stanza nelle province, e Sottoprefetti, capi dell’Ufficio Circondariale di Pubblica Sicurezza, di stanza nelle circoscrizioni. Scendendo avremo una sorta di attuali commissariati: Delegazioni di P.S. nelle provincie e Ispettorati nelle città.
Col governo Giolitti e grazie anche alla cattedra di Medicina Legale presso l’Università di Napoli, ottenuta dall’allievo di Cesare Lombroso Salvatore Ottolenghi, espertissimo di indagini effettuate con l’ausilio delle scienze aumentano gli strumenti a disposizione del Corpo. In primis l’utilizzo di agenti investigativi in borghese ben addestrati, abili nelle indagini giudiziarie e nella ricerca criminale. A seguire l’introduzione dell’anagrafe di polizia e gli schedari ed il primo Gabinetto Scientifico di Polizia, che evidenziava i delinquenti attraverso metodi di segnalamento, descrittivo, fotografico, antropometrico[4] .
Dopo il periodo delle Guardie di Città, la Regia Guardia di Pubblica Sicurezza fu articolata in Legioni, Divisioni, Battaglioni, Compagnie, Squadre, Tenenze, Plotoni, Stazioni. Organizzato militarmente il grado più alto era Tenente Generale. Il Corpo diveniva una vera e propria forza armata. Così sarà anche per la successiva denominazione del Corpo sotto il fascismo “Agenti di Pubblica Sicurezza”, con agenti investigativi e polizia militare ed il compito di garantire l’ordine pubblico, di investigare sui delitti e di prevenire e reprimere i reati.
Interessante notare come prima a Roma e poi in altre città, come Napoli, i vigili urbani vennero sciolti in epoca fascista e sostituiti, a Roma dal “Corpo Speciale di Polizia per la Capitale” che si occupava prevalentemente di servizi di polizia urbana e di movimento veicolare. A Napoli i vigili urbani furono sostituiti dalla IV divisione e prendono il nome di “Agenti Metropolitani” o più semplicemente metropolitani.  Nel frattempo viene inaugurata una nuova sede della Questura, a doppio ingresso, tecnologicamente avanzato, da via Diaz e da via Medina.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il Corpo partecipò al conflitto con due battaglioni motociclisti che, inviati nei Balcani, si distinsero particolarmente ottenendo una medaglia di bronzo alla bandiera e varie medaglie personali.
Ecco alcuni reperti presenti nel museo:











Con la firma dell’armistizio a Napoli il 27 settembre 1943, sebbene tafferugli vi fossero stati anche in estate, iniziarono le Quattro Giornate contro l’invasore tedesco. Il fremito partenopeo portò a coinvolgere la popolazione tutta che sbaragliò i nemici occupanti con la verve caratteristica. Essenziale fu anche il ruolo delle forze dell’ordine e del Corpo che, onde evitare il peggio e ulteriori tafferugli, caricò su di una propria vettura un comandante tedesco che era presso il Vomero e chiedeva di conferire con un proprio superiore. Fu fatto salire su auto italiana vigilata da quattro agenti di P.S. che sventolavano fazzolettini. Un vero e proprio arresto…senza sirene.
 

Medaglia conferita all’ANPS dalla associazione Nazionale Combattenti e Reduci





Altre medaglie ANPS



Il 2 giugno 1946 l’Italia divenne una Repubblica e le funzioni delle vecchie forze armate restarono inalterate. Anche in questo caso il Corpo si prodigò per l’ordine pubblico, a Napoli dove tra il 2 ed il 10 giugno vi furono diversi tafferugli per il risultato elettorale si riuscì, assieme ad i carabinieri, a condurre trattative e ripristinare l’ordine democratico.
Uniforme del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza (fregio sperimentale” all’americana” in uso solo nel 1947)

Nel 1947 sul Monte Echia in Pizzofalcone  la caserma Bixio, ex sede dei bersaglieri, e la cui storia è stata trattata supra divenne sede del IV Reparto Mobile, ossia il Reparto Mobile di Napoli. Esso accoglie in una delle sue aule il museo della polizia di cui stiamo trattando. Nato come reparto celere è l’unità specializzata al mantenimento dell’ordine pubblico e con linea di comando indipendente dalla Questura di Napoli. Ciò perché tali reparti nascono ed hanno la loro organizzazione staccata dal territorio.[5]


Poliziotta in tenuta antisommossa



Megafono in uso al Reparto Mobile

Tromba in uso al reparto mobile. La normativa prevedeva che prima della carica fosse dato avviso con tre squilli di tromba

Manganello non più in uso al Reparto, a fianco, infatti, non è più previsto lo spadino. Sotto alcuni gradi della polizia.

Guardia scelta dei Reparti Celeri in uniforme di servizio armato, 1950 (Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza 1944-1981)


Distintivi del Reparto Mobile di Napoli

Nel 1948 fa la comparsa n seno alla Questura la polizia stradale, tenuta a vigilare le normative del codice della strada e funzioni di tutela e garanzia del cittadino. Oggi non è più parte della Questura ma divisa in compartimenti. Dal Compartimento Campania dipendono rispettivamente Sezioni, Sottosezioni, Distaccamenti. Coeva è l’introduzione a Napoli della polizia ferroviaria.



distintivi stemmi, da notare la paletta che non reca scritto Polizia di Stato ma Pubblica Sicurezza


Funzionario in divisa bianca, anni ‘60


Alta Uniforme Polizia di Stato (tutt’ora on uso)



Distintivi ed elmetto bianco

Berretto grigioverde anni ‘70


Primo basco repubblicano con fregio non più in uso e berretto con fregio attuale

Storica divisa “grigioverde” del Corpo delle Guardie di Pubblica sicurezza (1956-1976)


 
Vecchia tessera di riconoscimento

 Nel dicembre 1959, per esigenze avvertite a tutti i livelli istituzionali, venne impiantato il Corpo della Polizia Femminile, con compiti di prevenire e contrastare fenomeni che oggi chiameremo di “bullismo” nonché, soprattutto, di contrastare e reprimere reati commessi da donne o da minori. A Napoli si distinsero per spirito umanitario e filantropico, non solo contrastando i reati ma soprattutto in una lodevole attività di prevenzione, controllo ed aiuto soprattutto di due fenomeni: prostituzione ed evasione scolastica dei minori[6]. Nel 1981, con la riforma la polizia femminile fu inglobata dalla Polizia di Stato



Assistente di 2° classe in uniforme invernale con cappotto; 1965 (Corpo di Polizia Femminile  1959-1981)
Da la Domenica del Corriere: graduata di polizia femminile interroga ragazzini
Nel 1969 nasce il 113, numero di soccorso pubblico gratuito ed attivo h24, attraverso il quale il cittadino che stesse subendo o che abbia subito un reato o che si trovi in stato di emergenza o pericolo può contattare. A rispondere è la Centrale Operativa della Questura, attraverso la quale il centralinista, dopo una sommaria valutazione, contatta il Caporeparto delle volanti per sollecitare l’intervento. Tali volanti oltre alla scritta polizia-squadra volanti, con la raffigurazione delle celebri pantere, avevano il logo 113. Erano le mitiche alfa giulia.
In merito ricordiamo i colori degli automezzi del corpo: prima amaranto, poi negli anni ’60 ’70 grigioverdi, infine azzurre. Il museo ospita anche una serie di modellini che ne ripercorrono la storia. Eccone alcuni:
 
 




















Prima di concludere alcuni interessanti cimeli de La Domenica del Corriere esposti al museo, vediamone alcuni:









 
La Domenica del Corriere, la polizia in borghese scopre una elegante bisca clandestina
 
La Domenica del Corriere, banditi di Milano interrogati
 
La Domenica del Corriere; guardia stana e abbatte branco di bufali

Tornando alla breve disanima storica, da annoverare nel 1969 la istituzione dei falchi, poliziotti in borghese a bordo di motociclette con lo scopo di frenare i dilaganti furti e saccheggi.  Napoli è la prima città che accoglie il provvedimento data la morfologia urbana ricca di vicoletti e straducce. Dal 1990 anche le donne entrano nei falche e sono dette “falchette”.
Nel 1970 a Napoli viene impiantata la “Zona Telecomunicazioni Campania”, prima in Prefettura, poi alla caserma Iovine, poi alla caserma Raniero. Tale reparto ha compito di istallazione e manutenzione di apparecchiature radiotelegrafiche. Dal 2003 ha sede in Molise e prende il nome di  “Zona Telecomunicazioni Campania e Molise”




Storico armamentario tecnico, trasmittenti, macchine da scrivere, computer, telefoni portatili

Arriviamo all’aprile del 1981, con decreto 121 nasce, finalmente, la Polizia di Stato, smilitarizzata, così come noi la conosciamo. Nell’82 sono istituiti anche i ruoli tecnico-scientifici, in particolare: telecomunicazioni, informatica, motorizzazione, equipaggiamento ed accasamento, arruolamento, servizio sanitario.
Ciò detto torniamo a mettere piede nel museo, analizzando altri reperti e cimeli:









Cinturoni e fondine









Annali, riviste, volumi, pubblicazioni almanacchi sulla polizia





Modellini di cannoni risalenti al XVI secolo


Distintivi con le diverse specialità della polizia



Gradi. Sopra, da sinistra: agente scelto, assistente capo, sovrintendente, sovrintendente capo, vice ispettore. A seguire due portachiave Anps. Sotto, da sinistra: commissario capo, agente scelto, assistente capo, sovrintendente, sovrintendente capo. 











    
Distintivi, accessori e gadget Anps



Divisa sociale uomo Anps







Quadretti e Crest Anps e di altre associazioni o forze di polizia e militari. L’Anps ha due sedi all’estero, una a Tornoto, l’altra a New York. Frank Serpico, poliziotto americano che non si piega alla corruzione, a spregio della sua incolumità, da cui è stato tratto un omonimo film “Serpico”, è socio Anps New York.






 



[1] Storia della Polizia di Napoli; Direzione Centrale Anticrimine Tipografia; 2003;pp.12-14
[2] Ivi, pag. 17
[3] Ivi, pag.19
[4] Ivi, pag.39
[5] Ivi, pag. 61
[6] Ivi pp. 65-66

Nessun commento:

Posta un commento