Sovrintendente capo Tommaso Vittozzi
Come accennato la sezione ANPS Napoli è intitolata alla
memoria del sovrintendente capo Tommaso Vittozzi, in forza alla DIGOS, morto nell’adempimento del suo dovere, libero
dal servizio, mentre tentava di sventare una rapina nei pressi di Arzano.
Il mattino ne dà l’annuncio della scomparsa[1]: morì il 5 Settembre al Secondo Policlinico di
Napoli, dove era ricoverato in seguito alle gravissime ferite riportate alcune
settimane prima durante uno scontro a
fuoco con alcuni criminali ad Arzano.
Il 13 Agosto il sovrintendente Tommaso Vittozzi era fuori
servizio e si trovava davanti al negozio di autoricambi di proprietà di un
amico, nel Parco Quadrifoglio, sulla strada provinciale che da Casandrino porta
a Arzano, quando tre giovani rapinatori,
giunti a bordo di una A112, estrassero le pistole costringendo il poliziotto ed
il negoziante a rientrare nel locale. Vittozzi cercò di reagire, estraendo la
pistola d’ordinanza, ma venne colpito da tre colpi di pistola esplosi quasi a
bruciapelo da uno dei criminali e che lo raggiunsero all’addome, ad una mano ed
a un avambraccio. I tre rapinatori si diedero alla fuga a bordo della loro
auto.
Il sovrintendente Vittozzi, a cui i proiettili avevano leso
fegato e duodeno, fu portato in ospedale
dallo stesso amico che si trovava con lui al momento del tentativo di rapina.
Il poliziotto fu operato prima all’ospedale Nuovo Pellegrini
di Napoli poi, dopo alcuni giorni venne trasportato al Secondo Policlinico dove
morì alle 15,30 del 5 Settembre. Una nuova operazione chirurgica era stata
programmata per il giorno successivo.
Il sovrintendente capo Tommaso Vittozzi dipinto da un artista
In cima al quadretto commemorativo di Tommaso Vittozzi sono
rappresentati altri tre poliziotti, caduti nell’adempimento del loro dovere:
guardia scelta Antonio Marino;
commissario capo Luigi Calabresi; guardia scelta Antonio Annarumma
preferiamo soffermarci un attimo sui primi due, forse meno
noti, e poi dire due parole anche sul commissario Calabresi, la cui
scomparsa sollevò molto l’opinione
pubblica.
·
La
guardia di P.S. Antonio Marino (nella foto a sinistra), nato a Caserta il
10 giugno 1950, si arruola giovanissimo in Polizia. All’età di 22 anni, in
forza al III Reparto Celere, venne ferito mortalmente per salvare la vita di un
collega durante una manifestazione politica. Impegnato in un servizio d'ordine il
12 aprile del 1973 a Milano, accortosi che un ordigno lanciato dai dimostranti
stava per raggiungere un collega, riusciva a spingere quest'ultimo fuori dalla
traiettoria con grande sprezzo del pericolo e della sua incolumità.
·
La
guardia di P.S. Antonio Annarumma (nella foto a destra), nato a Monteforte
Irpino nei pressi di Avellino, il 10 gennaio 1947 si arruola in polizia il
primo dicembre del 1967. In forza da pochi mesi al 3° reparto celere di Milano
Antonio, il 19 novembre 1969 fa parte del contingente che fronteggerà a Milano
due manifestazioni, una studentesca ed una operaia per il costo degli affitti.
Gli scontri furono feroci e durarono per ore, 55 guardie di pubblica sicurezza
e 5 carabinieri furono feriti.
Antonio Annarumma alla guida di una jeep, in via Larga, fu colpito al
volto da un corpo contundente probabilmente un tubolare di ferro. Ci fu un urto
con un’altra jeep della polizia ma Antonio aveva già perso conoscenza. Morirà
dopo tre ore di agonia in ospedale. Oggi alla memoria della guardia di pubblica
sicurezza è intitolata la caserma del 3° reparto
mobile di Milano.
·
Il
commissario capo Luigi Calabrese (nella foto centrale). Rappresenta
senz’altro il prototipo del funzionario di “polizia politica”. Nato nel 1937 a
Roma da una famiglia della media borghesia (il padre commercia vini e oli).
Dopo avere frequentato il liceo classico "San Leone Magno", nel 1964
si laurea in Giurisprudenza realizzando una tesi sulla mafia siciliana.
Mentre milita nel movimento cristiano Oasi del padre gesuita Virginio
Rotondi, matura la sua oramai chiara vocazione, fare il poliziotto. Nel 1965
vince il concorso per vice commissario di pubblica sicurezza: dopo avere preso
parte al corso di formazione dell'Istituto Superiore di Polizia entra in
servizio a Milano, dove viene inserito nell'ufficio politico della questura.
Collaboratore sporadico del quotidiano socialdemocratico "Giustizia"
e, sotto pseudonimo, di "Momento Sera", a Milano Calabresi ha il
compito di indagare sugli ambienti della sinistra extraparlamentare, con
particolare riferimento ai gruppi anarchici e ai gruppi maoisti.
Gli anarchici, in particolare, sono sospettati di aver messo a
disposizione gli esplosivi utilizzati in Grecia per gli attentati durante la
Dittatura dei colonnelli.
Nel 1967 conosce Giuseppe Pinelli dopo avere richiesto alla questura di
Como, su domanda degli anarchici, il permesso per un camping anarchico a
Colico; a novembre dello stesso anno, invece, è al comando delle forze di
polizia che si occupano dello sgombero dell'Università Cattolica del Sacro
Cuore occupata dagli studenti capeggiati da Mario Capanna (il primo esempio di
lotta studentesca, che dà il via al Sessantotto milanese).
Nel 1968 Calabresi viene nominato commissario capo, e in più di
un'occasione dirige le cariche dei reparti di polizia nel corso degli scontri e
delle manifestazioni di protesta di quel periodo; a Natale di quell'anno dona a
Giuseppe Pinelli il libro di Enrico Emanuelli "Mille milioni di
uomini" (riceverà in cambio, l'agosto seguente, il libro preferito
dall'anarchico milanese, l'"Antologia di Spoon River" di Edgar Lee
Masters).
Diventato vice capo dell'ufficio politico della questura milanese,
nell'aprile del 1969 riceve l'incarico di indagare sugli attentati avvenuti in
Stazione Centrale e alla Fiera Campionaria di Milano: ferma e arresta quindici
esponenti della sinistra extraparlamentare, diventando noto a livello
nazionale. Gli arrestati, tuttavia, rimarranno in carcere per soli sette mesi,
prima di uscire di prigione per mancanza di indizi.
Nel novembre del 1969 Luigi Calabresi partecipa ai funerali dell'agente
di polizia Antonio Annarumma (vedi supra), che ebbe come sottoposto, e
interviene per difendere Mario Capanna, esponente della sinistra
extraparlamentare, dall'ira dei colleghi di Annarumma. Un mese dopo, si trova a
indagare sulla strage di piazza Fontana a Milano, dove una bomba posizionata
nella filiale della Banca Nazionale dell'Agricoltura ha causato la morte di
diciassette persone e il ferimento di quasi un centinaio.
Il commissario Calabresi pensa subito alla pista dell'estrema sinistra, e
sale suo malgrado agli onori delle cronache per la morte di Giuseppe Pinelli,
convocato in questura dopo la strage, tenuto in stato di fermo per quasi tre
giorni (in maniera illegale, dunque) e caduto dalla finestra dell'ufficio di
Calabresi. Il tragico evento si verifica il 15 dicembre, e la conferenza stampa
che viene convocata per spiegare l'accaduto parla di un suicidio (la versione
verrà ritrattata in seguito: sulla morte di Pinelli non sarà mai fatta
chiarezza fino in fondo). Da quel momento, tuttavia, il commissario entra nel
mirino delle formazioni extra-parlamentari di sinistra e diviene oggetto di una
campagna di denuncia che coinvolge numerosi intellettuali: nel 1970, per
esempio, Dario Fo scrive l'opera teatrale "Morte accidentale di un
anarchico", evidentemente ispirata ai fatti, mentre Nelo Risi e Elio Petri
dirigono il lungometraggio "Documenti su Giuseppe Pinelli".
Calabresi viene minacciato anche direttamente, con scritte sui muri e non
solo: nei suoi confronti, dunque, cresce un odio sempre maggiore anche a causa
della campagna di stampa promossa dal giornale "Lotta Continua", che
denuncia senza mezzi termini le supposte responsabilità del commissario (e
degli altri uomini della questura) per la morte di Pinelli.
Il 15 aprile del 1970 il commissario denuncia il direttore di "Lotta
Continua", Pio Baldelli, per diffamazione continua e aggravata:
nell'ottobre di quell'anno prende il via il processo noto come
"Calabresi-Lotta Continua" (dopo che a luglio l'indagine del giudice
Antonio Amati sui fatti del 15 dicembre era stata archiviata). Il processo
diventa terreno di un acceso scontro politico: l'avvocato di Calabresi, Michele
Lener, ricusa il giudica Carlo Biotti, che in un colloquio privato aveva
parlato della propria intenzione di assolvere Baldelli, ma tale richiesta di
ricusazione viene interpretata da molti come un tentativo di prendere tempo
dopo la richiesta di riesumazione del cadavere di Pinelli avanzata dagli
avvocati dello stesso Baldelli.
La ricusazione viene accettata il 7 giugno del 1971 dalla Corte
d'Appello: la settimana successiva Camilla Cederna pubblica
sull'"Espresso" un articolo in cui indica Calabresi come un
torturatore responsabile della morte di Pinelli e accusa Botti di avere
inquinato il processo per carrierismo. Nel numero seguente
dell'"Espresso" vengono pubblicati i nomi di moltissimi intellettuali
che hanno sottoscritto l'appello della Cederna (che invitava Calabresi alle
dimissioni). Nel frattempo, al Commissario Calabresi si imputa anche di essere
stato un agente della Cia e un uomo di fiducia di Barry Goldwater, che avrebbe
presentato al generale De Lorenzo.
In questo clima di tensione, il 17 maggio del 1972 il Commissario Luigi
Calabresi viene ucciso davanti alla sua casa di Milano mentre sta andando a
prendere la propria auto per andare in ufficio: ad assassinarlo sono almeno due
persone, che lo sorprendono alle spalle.
Da ricordare, poi,
·
guardia
di p.s. Claudio Graziosi, cui è intitolato il museo.
Il 22 marzo 1977 su un autobus, a Roma, l’agente di polizia con acume
investigativo individua una militante evasa dal carcere di Pozzuoli con
l’appoggio esterno dei NAP il 22 di gennaio dello stesso anno. Lei è Maria Pia
Vianale, con sprezzo per il pericolo e senza esitazione estrae la pistola
d’ordinanza e cerca di arrestarla ma il militante che è con lei, per impedirne
l’arresto, affronta Graziosi e lo uccide.
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